Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Trento, 7 marzo 2014 Vorrei dedicare il mio consueto pezzo sull'Otto Marzo alle ragazze e alle donne di Arci-Lesbica di Trento. A queste coraggiose e determinate ragazze, alle loro facce pulite, alla loro cultura di libertà e orgoglio, alla loro allegria contagiosa. Alla voglia che hanno di vivere, di farsi conoscere e amare. Di mangiare insieme, leggere, ascoltare musica, ballare, chiacchierare, raccontare e raccontarsi. Ascoltare le storie di tutte, a prescindere dall'orientamento sessuale. Con l'orgoglio di essere, semplicemente, quello che si è. Ammiro il lavoro, importante e qualificato, che stanno facendo fianco a fianco, e insieme ad Arci-Gay, con lievità, senza atteggiamenti rancorosi, senza paura dei giudizi sommari e poco generosi di una minoranza. Senza il timore di infrangere pregiudizi, dello stigma sociale, dell'ignoranza, madre di tutte le discriminazioni. Il rispetto se lo stanno guadagnando sul campo. Non credo che niente sia stato facile per loro: esporsi con le proprie famiglie, il giro di amicizie, i compagni e le compagne di scuola o di lavoro. Esporsi anche pubblicamente frequentando una sede, le manifestazioni, gli incontri, scrivendo sui giornali. Facendo quello che comunemente si chiama “coming-out”, cioè il gesto volontario e consapevole di dichiarare, di rivelare la propria omosessualità agli altri e prima ancora a se stesse. Il concetto di “genere” è stato mutuato dalla retorica e dalla filosofia ed è in uso dalla seconda metà del secolo scorso per indicare l'identità o il ruolo di una persona in relazione alle categorie del “maschile” e del “femminile”. E' il senso soggettivo di appartenenza, è la percezione di sé come uomo o donna. E' un carattere. Noi tutti, comunità civile e sociale, istituzioni, associazioni, partiti dovremmo facilitare i percorsi di vita soprattutto di coloro, di colei, che vive una storia di discriminazione, ostilità, “lontananza”, straniamento: che non dispone di sufficiente rappresentanza e potere per proteggersi con strumenti politici. Che si vede spesso delegittimato/a dei diritti affettivi e della propria dignità di persona. Che si vede oggetto di mozioni, come quella che presto sarà discussa in Consiglio Comunale a Trento, contro l'omogenitorialità, destinate inevitabilmente a generare “sentimenti” omofobi nell'opinione pubblica meno attrezzata e attenta al tema dei diritti. Quando si dovrebbe invece lavorare sui temi del rispetto e della diversità in genere, come condizione di normalità in una qualsiasi comunità di uomini e donne libere. Ricordo a questo proposito l'importanza della scuola, perché quando si è piccoli e giovani, quando si deve trovare la strada per capire e farsi capire, per interpretarsi, bisognerebbe trovare un mondo più buono, accogliente e gentile. Sentimenti minimi. Così, di omofobia, come dice uno slogan purtroppo molto realista, si può morire. E le parole dette, scritte, sussurrate, i gesti di intolleranza e bullismo, le persecuzioni fanno danni pesanti soprattutto sulle giovani generazioni. La Dichiarazione di Rio sul bullismo omofobico, del dicembre 2011, dice che si dovrebbe creare un ambiente scolastico sicuro e privo di violenze e pregiudizi nei confronti di Lgbti. Le lotte delle donne lesbiche e in generale delle persone Lgbti, perché sia a livello nazionale che locale si votino leggi a favore dell'inclusione e del rispetto e contro la discriminazione, perché si condanni in modo mirato e non generico chi esercita violenza, fisica e psicologica, picchia e brutalizza sulla base di una presunta superiorità, che gli deriverebbe dall'essere eterosessuale, non possono che aumentare il livello di civiltà e di sicurezza di un popolo. Perciò si chiede a gran voce il diritto al riconoscimento giuridico delle coppie formate da persone dello stesso sesso, le facilitazioni fiscali dovute a chi convive, il diritto a potersi sposare come avviene ormai in tante parti del mondo, a crescere i propri figli, la reversibilità della pensione (prevista per i parlamentari anche quando non sono sposati...), il diritto di decisione in malattia del partner. Ecco cosa dice Ilaria Trivellato, una mamma “arcobaleno”, cioè di una famiglia composta da persone dello stesso sesso: “le nostre famiglie sono diverse perché ognuno di noi genitori ha scoperto, il più delle volte in età adolescenziali, di essere diverso dagli altri senza peraltro averlo scelto. A ognuno di noi è accaduto, a un certo punto della vita, senza averlo scelto né previsto, di procedere “in direzione ostinata e contraria” rispetto al resto del mondo. E di credere che fosse la direzione giusta. E' una grande avventura che richiede forza, coraggio e una certa allegria. E' anche una situazione altamente formativa. In seguito si scopre che la vita è piena di coming-out, di tutti i tipi, e che se si trova la forza di fare il primo passo poi si trova la forza di fare tutti gli altri”. Buon Otto Marzo, ragazze! Lucia Coppola
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LUCIA COPPOLA |
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